Antonella Davoli è nata a Cavriago (Reggio E.) e vive e lavora a Reggio Emilia. Tecnicamente si è formata alla Piccola Accademia PARP, diretta dal prof. Giulio Soriani. E’ medico e da tempo si è dedicata alla pittura e alla scultura e frequenta il circolo degli artisti di RE.
La vocazione pittorica e gli studi di medicina hanno portato Antonella Davoli a confrontarsi col più antico e insieme complesso “soggetto” dell’intera avventura artistica e figurativa: il corpo. Questo viene rappresentato per mezzo di un distacco percettivo dettato dalla scomposizione dell’ immagine che evidenzia una visione non più unitaria e tradizionale della figura. Ogni civiltà di ogni tempo ha infatti riconosciuto nel corpo umano il simbolo primario della realtà stessa, il fulcro di ogni accadimento e mutazione. La rappresentazione della figura umana affonda le sue radici in epoca antichissima. Fin dalla preistoria infatti l’uomo si è guardato, ha osservato l’altro e ha cercato anche di scoprire il funzionamento perfetto che contiene dentro di se’, arrivando col tempo e fino alla nostra età contemporanea, a riprodurre parti del corpo a scopo medico ed estetico. Corpo come suprema rappresentazione del reale e del suo costante, ineluttabile divenire, come in divenire è lo spirito di ogni epoca. Nella nostra società, tutta permeata dal virtuale, stiamo assistendo a un eclissi del corpo, non certo quello immaginario e immaginato, nostro e degli altri, che esaltiamo, idolatriamo, consumiamo ed auto consumiamo, ma quello reale. Le persone, in un mondo dominato dalle leggi di mercato, spesso diventano realtà astratte e lontane, soltanto numeri algoritmi, costi. Perdono il corpo e quindi non sono più veramente persone. Infatti quando non si vede nell’altro il suo corpo, non si vede nulla di veramente umano, perchè dire essere umano è dire corpo.
Per rimanere, dopo questa breve premessa, alla pittura di Antonella Davoli, le sue opere sono un invito a riscoprire il volto dell’altro, a vedere il colore delle guance, il luccichio degli occhi, le espressioni di felicità e quelle di paura. Nella sua ricerca artistica, tratteggia i volti dei suoi protagonisti con una rara perfezione e si avvale di uno sfasamento estetico, di pregevole innovazione, che tende a mettere a fuoco singoli particolari. In un quadro emerge un dettaglio, in un altro un altro ancora. Le figure vengono sezionate, si compenetrano, scivolano su piani paralleli e si intersecano. Questo sezionare le figure è un po’ come cercare di penetrare e scavare nella persona, partire dal particolare alla scoperta del tutto, dell’ originalità e del mistero che si cela dietro ogni volto. Sia la ricerca “sfasata” a colori, che quella in bianco e nero, hanno infatti una sorprendente cura del dettaglio, un’impostazione quasi fotografica. I volti e i corpi spiccano sulle note indefinite degli sfondi armoniosamente materici. Questo notevole rilievo che viene dato alla figura umana e soprattutto ai volti è un invito a rimetterci all’ascolto del corpo e di tutti i corpi: hanno ancora tante cose da raccontarci, molte dimenticate, alcune bellissime, tutte essenziali per la qualità della nostra vita. La figura iniziale viene quindi completamente alterata e quello che si presenta a chi osserva è una visione dove il sistema immagine percepito nella sua consuetudine è cancellato a favore di una liberazione espressiva formale e concettuale.